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Libri e capitoli di libri
A fronte della crisi del concetto stesso di famiglia e di atroci episodi di cronaca che hanno scosso i parametri del rapporto genitori-figli, Eva Cantarella è venuta interrogandosi – forte dei suoi strumenti di studiosa del diritto e della cultura antica – sulla storia di quel rapporto che, insieme alla dinamica degli affetti, porta inevitabilmente con sé tensioni, conflitti, e molto spesso violenza...Ecco allora che il conflitto, così presente nell'attuale agenda politica, si lascia leggere anche alle origini della nostra civiltà là dove i giovani entrano in rotta di collisione con la gerontocrazia. Secondo modalità e procedure che la lettura del mondo antico porta progressivamente alla luce.
Quante volte leggiamo sui giornali che i disagi e i crimini tra le mura di casa derivano dalla crisi della famiglia, una crisi tutta moderna? Come se la famiglia fosse sempre stata un luogo di riparo, di protezione da una società ostile. Ma è davvero così?...a partire dai Sette re di Roma...il potere di vita e di morte dei padri sui figli è assoluto e l’uccisione del padre appartiene con impressionante frequenza alla realtà sociale di ogni famiglia romana...con una ricerca che guarda al passato per parlare del presente, mostra che le famiglie infelici non appartengono solo al nostro tempo. Da Cicerone a Ovidio, da Seneca a Giustiniano, racconta le norme che regolavano l'abbandono dei figli, la facoltà di venderli come schiavi o addirittura di ucciderli, evocando episodi di sconcertante violenza.
When hearing about a psychiatric label for the first time, it is important for therapist and laypeople to try to discover the following:
La violenza domestica rappresenta l'anima nera del matrimonio, il suo versante demoniaco, la sua irriducibilità agli schemi tranquillizzanti e coartanti dell'armonia del focolare. Né si può occultare dietro al consolatorio schermo della 'malattia'. Ancora oggi è tanto infondata quanto diffusa l'opinione edulcorata della famiglia quale luogo sostanzialmente estraneo a pratiche violente, per cui una sorta di pudore etico-sociale impedisce di considerare comune, o comunque diffuso, il fenomeno della violenza nella famiglia. Di fatto in quanto societas la famiglia è fisiologicamente il luogo possibile di una specifica e variegata brutalità, inquadrabile quale violenza espressiva (cioè fine a se stessa) o strumentale (cioè un mezzo per indurre un soggetto a un certo comportamento), ma anche, rispetto al contesto sociale, quale violenza legittima o illegittima, cioè autorizzata ovvero proibita dalle leggi o dalle norme sociali che segue chi la pone in essere.
I bambini sono davvero, e pienamente, soggetti di diritto? La nostra società e le sue leggi sono davvero in grado di tutelarli dalla violenza, dall'abbandono, dalla mancanza di cure?
A questi interrogativi intende rispondere il volume che, con un'analisi radicale e appassionata, mette in crisi l'attuale modello "adultocentrico" su cui si fonda il nostro ordinamento giuridico.
Sfuggendo alle logiche di adeguamento delle norme in materia di tutela minorile alle esigenze, ai tempi e ai giudizi di un mondo adulto che in merito appare sempre più disarmato e autoreferenziale, l'autore introduce qui proposte originali: affrontando tematiche quali i diritti costituzionali dei fanciulli, il principio della specificità, il principio dell'esercitabilità dei diritti, il diritto all'ascolto, il diritto alla competenza, il diritto al futuro, propone una riforma del sistema processuale penale, del codice civile e del codice penale, che comprenda l'inserimento di strumenti come il voto ai bambini e la costituzione di organi innovativi come il Ministero dell'Infanzia, l'Ufficio di Pubblica Tutela per l'Infanzia, il Centro di ascolto e prevenzione "Casa del Bambino".
Il volume si propone quindi come spunto di riflessione in particolare per giuristi e operatori dell'ambito della tutela minorile, ma anche per quanti sono interessati a riflettere sulle possibili linee di sviluppo della legislazione in materia.
Rompere il silenzio sul tabù della violenza ai bambini, alle donne, alle madri. Un libro di denuncia, scomodo, unico nel suo genere.
Con uno stile giornalistico, ma con rigore scientifico, l'autore dopo una ricostruzione storica di svelamento dei modelli adultocentrici, nella seconda parte dell'opera ricostruisce l'azione sociale e culturale di una nutrita schiera di intellettuali favorevoli alla pedofilia.
Infine affronta il tema del "negazionismo" criticando i "cattivi maestri" che hanno contribuito a diffondere una cattiva e falsa "scienza" (La sindrome di Alienazione Parentale, PAS, la Sindrome del falso ricordo, le false denunce e molto altro) contro i diritti dei bambini e delle donne.
Perché questo libro? Spesso mi è stata posta questa domanda e altrettante volte me la sono posta io stesso. Nato da principio come relazione in un convegno, divenne poi un articolo pubblicato su una rivista del settore ed infine ampliato, arricchito e rivisto per prendere la forma del libro che avete tra le mani. La motivazione a scriverlo parte semplicemente da una forte spinta personale: la necessità di far luce sul modo errato, superficiale e deleterio con cui si parla di bambini ... È sostanzialmente una visione "adultocentrica" del bambino, basata appunto sul vedere l’infanzia non, come ci si aspetterebbe, "con gli occhi di un bambino", ma con il filtro distorcente degli "occhi dell’adulto".
La consulenza tecnica nel campo dell’abuso sui minori richiede competenze e conoscenze molto specifiche, distinte dalle abilità che caratterizzano un buon terapeuta. Il testo riunisce le teorie scientifiche più aggiornate sul tema accompagnate dalla discussione delle buone pratiche e degli errori da evitare. Gli autori – psicologi e avvocati, tutti con esperienza pluriennale – hanno fatto la scelta etica di lavorare solo dalla parte delle vittime, anche se questa scelta ha spesso dei costi, in termini psicologici ed economici, non indifferenti. Lavorare dalla parte delle vittime non vuol dire però perdere di vista l’obiettività: è nell’interesse del minore che il magistrato, grazie anche al lavoro accurato di un perito o consulente tecnico, riesca ad accertare la verità, qualsiasi essa sia.
«Mammina dov'è il papà? E non ci troverà mai? Davvero è lontano?»
Fortunato ha riacquistato colore sulle guance, il braccio ingessato gli fa meno male. Sta iniziando a parlare con sua madre.
E anche lei si sforza di aprirsi a lui, di esternagli tutto l'affetto che prova.
Lontano.
Ora il pericolo è lontano.
La psicologa del centro, Karin, dotata di un cuore di lattemiele, li sta aiutando a curare le ferite dell'anima, nuova linfa, nuova energia positiva.
Sta ricostruendo in loro una consapevolezza sconosciuta: quella di essere persone di valore, di avere in mano tutti gli strumenti per ricominciare.
Per iniziare, finalmente, a vivere.
«Lontano lontano, amore, non devi aver più paura. Non lo rivedrai, mai. Lo sai cosa dice sempre Karin: stiamo per rifarci una vita insieme. Tu avrai dei nuovi amici, frequenterai una nuova scuola, io lavorerò e guadagnerò un po' di soldini.»
Un importante studio che, partendo dal sistema di leggi presenti, fa il punto sui danni psicologici, fisici ed esistenziali che la violenza vissuta realizza su donne e minorenni, per poi indagare un'ampia sfera di illegittimità, omissioni e abusi che, in sede giurisprudenziale, stanno a pregiudicare un corretto giudizio e, pertanto, determinano attraverso «violazioni del Diritto» una «violenza secondaria» e danni suppletivi spesso irreversibili per chi è già vittima di violenza.
Il testo pone l'accento sulla inammissibilità dell'utilizzo di strumenti ideologici ascientifici assunti tout court in alternativa a quanto disposto dai codici di procedura e sulla illegittimità di formule autoreferenziali che deresponsabilizzano i giudicanti dalla revisione del giudizio, pur in presenza di evidenti - sul piano logico e del diritto - errori giudiziari e «doli eventuali». Lo scritto focalizza poi l'attenzione sul costo individuale e sociale che si ha in presenza di provvedimenti giudiziali superficialmente redatti e illegittimi, assunti in ambito penale quanto civile, e del significato che tali errori hanno nel concorrere all'affermazione di una cultura del non diritto, dell'oggettivazione dei minorenni e delle donne più disagiate, all'immagine di una «giustizia inadeguata e ingiusta». L'autrice conclude puntualizzando la necessità e urgenza che il legislatore possa finalmente incentrare il suo scopo anche nella realizzazione di un piano strutturale di leggi a garanzia sostanziale del Diritto medesimo che, prescindendo dagli interessi lobbistici, mirino a restringere sempre più il campo dei liberi arbitri e abusi del Diritto. Ciò in stretto rapporto con il disposto e la giurisprudenza UE.
Sommario
Sommario
Mantenimento diretto, bigenitorialità, mediazione familiare obbligatoria sono alcuni degli aspetti del testo che l’autrice di questo libro esamina compiutamente per mostrare incongruenze e falsità di una legge che riporterebbe indietro le donne di diverse decine di anni. E poi, a completare il PAStrocchio legislativo c’è l’alienazione genitoriale (nuovo nome della PAS), che è un vero e proprio strumento da usare contro le donne vittime di violenza domestica. In appendice del libro riportiamo il testo del Ddl, un disegno di legge che non va modificato, ma ritirato o respinto.
Ne deriva un quadro pesantissimo: esiste un maltrattamento di genere, quasi inconsapevole poiché inquadrato nel sistema collettivo e culturale più ampio – fatto di tradizioni, convenzioni, pensieri ed emozioni, ma anche istituzioni e leggi – che in Italia tutt'ora avvolge l'area del diritto di famiglia. E ne emergono alcuni aspetti ancora poco identificati, come per esempio una sorta di omertà verso l'uomo maltrattante – si spera inconsapevole e quindi modificabile – che alberga anche tra le donne, nelle istituzioni sanitarie, socio-educative e addirittura giuridiche dedicate all’infanzia e alla famiglia.
Il fenomeno dell'abuso fisico e sessuale arriva quotidianamente nelle nostre case, urlato dai mezzi di comunicazione, sbattuto in prima pagina o in prima serata, spesso con mancanza di delicatezza e di sensibilità per tutti, adulti e bambini. Tanto da farci pensare che si tratti di un male nuovo, che ha infettato la nostra società solo recentemente.
Purtroppo l'abuso è sempre esistito ... Tale piaga è da sempre presente nella nostra società, olamente meno conosciuta, meno espressa collettivamente, mano dibattuta nei luoghi di potere politico e decisionale.
Negli anni 1895 e 1896 Freud, ascoltando le sue pazienti, aveva appreso che nel loro passato c'era qualcosa di spaventoso e violento. Gli psichiatri che avevano ascoltato questi racconti prima di lui avevano accusato le loro pazienti di essere delle isteriche bugiarde e avevano liquidato i loro ricordi come fantasie. Freud fu il primo psichiatra a credere che le pazienti dicessero la verità. Queste donne erano malate non perché venivano da famiglie «tarate», ma perché era stato fatto loro qualcosa di terribile e segreto quando erano bambine.
Freud annunciò la sua scoperta in una relazione presentata nell'aprile 1896 alla Società di psichiatria e neurologia di Vienna; fu il suo primo importante discorso pubblico davanti ai suoi pari. La relazione — che ritengo la più brillante di tutte quelle di Freud — fu accolta da un silenzio
assoluto. In seguito, venne invitato a non pubblicarla, per non danneggiare irrimediabilmente la sua reputazione. Il silenzio che lo circondava si fece più profondo, come il suo isolamento. Ma sfidò i suoi colleghi e con un atto di grande
coraggio pubblicò L'etiologia dell'isteria. Successivamente, uttavia, per ragioni che cercherò di spiegare in questo libro, Freud decise che aveva commesso un errore nel
credere alle pazienti. Il riconoscere tale errore, sostenne in seguito Freud, segnò l'inizio della psicoanalisi, come scienza, terapia e professione.
PREFAZIONE
I motivi che mi hanno indotto a pubblicare questo libro sono due.
In primo luogo l’esigenza di dare unitarietà di lettura a scritti che sono sparsi per il web e non consentono, a chi si accosti per la prima volta a queste problematiche, di averne un rapido quadro d’insieme.
Il secondo motivo è rappresentato dal fatto che il sostegno strumentale fornito alla teoria della PAS vede in campo ingenti risorse economiche e costose tecniche di marketing (corsi di formazione e master - che io chiamo di 'indottrinamento' sulla PAS - articoli su riviste, libri, comparsate televisive, arruolamento di testimonial e mercenari a tempo pieno).
Tutta questa 'orrida macchina da guerra' (poiché è evidente che il sostegno alla teoria della PAS non ha nulla di scientifico) non può venire contrastata e sconfitta se non si dispone di un'analoga forza d'urto e di analoghe risorse economiche. Il ricavato della vendita di questo libro sarà in parte destinato a questo, alla 'sconfitta dell'esercito del male'. (si tratta di chiare iperboli): gruppi maschilisti e tutta la sub-cultura raccogliticcia che orbita intorno a loro.
...
È della metà di marzo 2012, poi, la venuta in Europa del presidente della più potente associazione di padri separati dell'Argentina,
Los padres de l'Obelisco, col progetto di incontrare in Spagna un noto Giudice favorevole alla PAS e in Italia, a L’Aquila, altri personaggi analoghi; siamo ormai alle alleanze intercontinentali e questo non promette nulla di buono.
Verso la fine di marzo 2012 è previsto a Milano un convegno, che vedrà riuniti i maggiori fautori della PAS in Italia, al quale parteciperà anche uno psichiatra americano che è parte della lobby internazionale che sta esercitando pressioni per l’inserimento della PAS nel DSM (fatto oltremodo sconcertante perché il riconoscimento di una condizione come patologia avviene sulla base di ricerche scientifiche e non di pressioni propagandistiche - con la propaganda si vendono i detersivi non si studiano le malattie - pressioni propagandistiche che vengono svolte anche da professionisti e addirittura
docenti universitari, in Italia e all'estero); è recente anche la notizia che analoghe
pressioni vengono esercitate nei confronti dell’OMS per l'inserimento della PAS nell'ICD, visto che l’APA ha ormai deciso di non comprenderla nella quinta edizione del DSM.
Quali caratteristiche deve avere un disturbo mentale per far parte di una classificazione ufficiale? L’accordo dei ricercatori di vari paesi sul suo riconoscimento come problema medico, la presenza di studi epidemiologici (cioè di prevalenza - percentuale di frequenza - nella popolazione) uniformi, uguali in tutti i paesi del mondo, e studi clinici attendibili fatti da diversi autori che pervengano tutti ai medesimi risultati uniformi. La PAS invece quali caratteristiche aveva in quegli anni? Praticamente sconosciuta alla psichiatria, cominciava a diffondersi nei tribunali dove si svolgevano processi per l'affidamento dei minori nel corso di separazioni conflittuali, sostenuta solo dal Dr Gardner e poi da qualche altro medico-legale che aveva fiutato l'affare (gli onorari di Gardner in quegli anni viaggiavano sulla rispettabile cifra di 500 dollari l’ora); praticamente la "malattia" si rivelava appena compariva sulla scena il Dr Gardner. Non occorre la patente di scienziato per collegare le due cose: la causa di questa "malattia" era la presenza stessa del Dr Gardner! Dove compariva Gardner compariva anche la PAS, dove Gardner non c'era la PAS era assente.
INTRODUZIONE
Cinque anni di lotta contro la PAS, contro i suoi sostenitori, psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili, associazioni di padri separati, associazioni di nuove compagne/amanti/nuove mogli dei padri separati, associazioni di nonni dei figli dei padri separati, tra intimidazioni, minacce di querele e querele vere e proprie, denigrazioni, attacchi personali, esposti all'Ordine dei Medici, e chi più ne ha più ne metta.
All'inizio del 2010 ignoravo del tutto queste realtà; mi contattò un amico avvocato chiedendomi se fossi disponibile a seguire come CTP una sua conoscente che doveva affrontare una CTU sull'affidamento della figlia. La bambina, 11 anni, accusava il padre di aver compiuto abusi sessuali su di lei e per questo motivo rifiutava ogni contatto con lui.
Accettai l'incarico e partecipai alle operazioni peritali; nel corso delle stesse tutto si svolse con regolarità, nessuno nominò questa fantomatica PAS. A sorpresa, nella relazione finale, i CTU scrissero che la bambina soffriva di una sindrome di alienazione parentale.
Poiché questa sindrome mi risultava del tutto sconosciuta, pur dopo più di 30 anni di professione come psichiatra, corsi a cercarla sui trattati di psichiatria ma nulla; nulla nemmeno nelle due classificazioni delle malattie, l'ICD e il DSM. Provai quindi a fare qualche ricerca su internet e qui mi si spalancò un mondo che non conoscevo affatto.
Trovai un mare di siti e blog che ne parlavano come di una grave malattia che colpiva le donne dopo la separazione coniugale e che le stesse trasmettevano ai figli, ma nulla di attendibile dal punto di vista medico, solo argomentazioni retoriche e ripetizione ossessiva degli stessi concetti.
Fondamentale è stato per me, in quei primi tempi, un blog, "Velle est Posse", molto ben scritto ma soprattutto documentatissimo sulla PAS; il blog riportava i lavori statunitensi e spagnoli che già l'avevano demolita, con riferimenti bibliografici precisi.
Sommario
Che dire? Che chi l'ha introdotta in Italia fosse all'oscuro delle polemiche statunitensi? Difficile da credere. Lo dimostra anche la protervia dei sostenitori della PAS nell'affermare che sarebbe stata compresa nella quinta edizione del DSM. Il DSM-5 è stato pubblicato, negli USA nel 2013 e in Italia nel 2014, e la PAS non vi è descritta, né come sindrome, né come disturbo, né come semplice alienazione parentale. Si sono rassegnati? Per nulla; il loro nume tutelare, William Bernet, è giunto ad affermare che anche se nel DSM-5 non sono scritte le parole “alienazione parentale” nelle sue pagine c'è lo spirito della parental alienation.
Sommario
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L'opinione pubblica è invece ancora ben lontana dall'aver consapevolezza che tutto ciò che capita al bambino nei suoi primi anni di vita si ripercuote inevitabilmente sull'intera società, che psicosi, droga e criminalità sono l'espressione cifrata delle primissime esperienze. Questo dato di fatto non viene perlopiù riconosciuto o è ammesso soltanto sul piano intellettuale, mentre la prassi (intendo la prassi politica, giuridica o psichiatrica) resta pur sempre saldamente dominata da concezioni medievali, intrise di proiezioni del Maligno, poiché l’intelletto non raggiunge la sfera emotiva. È possibile acquisire una conoscenza emotiva tramite un libro? Non lo so, ma la speranza che attraverso la lettura possa mettersi in moto, in questo o quel lettore, un processo interiore mi pare sufficientemente fondata per non rinunciare a tentare questa via.
«Cucciolo ti avevo offerto una tregua, ma tu vuoi portarmi a farti del male? Non ti basta quello che hai fatto facendomi passare per il cattivo di turno? Ma vedi cucciolo, la differenza tra il mio odio e il tuo è forte. Il tuo è di paura per come passerai questi ultimi giorni. Lo sai che se non mi aiuta il destino a saperti morta sarò io a farlo. È appunto di questo che devi aver paura, del destino che ti sei costruita con le tue mani e non di me, perché comunque vada sarai stata tu a volerlo in un modo o nell'altro. Il mio odio verso di te invece passa prima dal cuore che interferisce ogni volta che ti penso e poi verso di te. Come se mi volessi dare del tempo per cercare la soluzione migliore tra queste: ucciderti, aspettare che lo fai tu da sola oppure ucciderti e uccidermi assieme a te
Il suo e gli altri racconti, registrati dai pm, sono riportati nel libro, atroce e intenso, "Abuso sessuale sui minori. Scenari dinamiche e testimonianze", edizioni Antigone, scritto dalla ricercatrice Giuliana Olzai, che ha vagliato tre anni di 180 processi e sentenze del tribunale di Roma, 196 imputati, il 77 per cento condannati per abusi su 185 bambine e 53 maschi. Tutti vittime di pedofili, soprattutto di parenti (29%), aggrediti da conoscenti e vicini di casa o, appunto, amici di famiglia (39%). Orchi che, nella metà dei casi, grazie ad attenuanti e meccanismi di legge, hanno avuto pene miti: «Due anni in media», spiega Olzai. «Inoltre, solo dal 2013 è previsto che dopo il verdetto non si avvicinino ai luoghi frequentati dai bambini e non lavorino a contatto con loro per almeno un anno; mentre questo divieto in Francia è perpetuo».
Les défenseurs de cette idéologie ont pris l'habitude de se citer entre eux. Une dizaine d’auteurs dans le monde suffisent pour «sourcer» des articles de manière circulaire et leur donner une apparence de scientificité. Beaucoup d'articles mettent en avant des résultats cliniques de manière péremptoire, sans donner aucune source ni faire état de leur méthodologie. Aussi, des recherches ont-elles été entreprises à propos de leur fiabilité scientifique ou de l'absence de celle-ci. Des chercheurs de l'université d’Oxford ont analysé méthodologiquement trente-neuf études publiées qui forment le corpus central du SAP. Les auteurs ont relevé la taille des échantillons utilisés, la façon de les constituer, la manière d'analyser les données recueillies. Il en ressort qu’aucune n’obtient un score «haute qualité», trente-deux publications étant même classées comme «de (très) faible qualité». En effet, la majorité de ces travaux n'utilise qu'un faible échantillon, sans groupe témoin, parfois en ne s'appuyant que sur les déclarations du parent qui se dit rejeté. La conclusion des auteurs est sans appel : les travaux évalués n’apportent aucune preuve empirique. Il s'agit d'un ensemble de textes qui tentent de valider des valeurs culturelles stéréotypées.
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Certains des scientifiques consultés par le DSM ont répondu par une véritable leçon de science, estimant que le concept se fonde sur une «majorité d’articles qui sont essentiellement polémiques, des points de vue personnels et des descriptions cliniques d’un petit nombre de cas provenant d'échantillons non tirés au sort à l'avance (non randomisés)». Leur charge est sans merci: «l'estimation faite de la prévalence du problème est inadéquate», «les auteurs ne font pas référence aux études empiriques qui sont plus rigoureuses […] or ces études aboutissent à des hypothèses contraires selon lesquelles l'aliénation parentale peut se distinguer de manière fiable du processus dans lequel un enfant se détache avec réalisme d'un parent, parce que ce dernier a une attitude éducative problématique ou abusive». Autrement dit, un enfant peut vouloir écarter l’un de ses parents qui aurait un comportement abusif. Sans qu'il soit question d'aliénation parentale.
È un po' come la mafia, avvocato. Ho riletto il 416 bis: lei aveva ragione su tutti i fronti, naturalmente. È una questione di visione d'insieme. In questo caso però si tratta di stalking. Anzi di manipolazione. Certi elementi, visti singolarmente, non danno indicazioni sufficienti. In realtà si tratta di qualcosa di più complesso. Come dire: le molestie stanno allo stalking come le bombe nei negozi stanno all'associazione di tipo mafioso.
Ecco cosa ho visto, appena fuori dal mio Ospedale, bambini privati del loro bene più grande: la mamma e, in senso più lato, della famiglia. A tutto dispetto delle svariate Convenzioni e normative che dichiarano come il bambino debba crescere nella famiglia dove è nato o, se non ce l'ha, in un'altra famiglia. Ma in una famiglia, non in un istituto. Dichiarazioni che tutelano il diritto agli affetti, all'integrità psicofisica, alla crescita armonica, alla protezione dalla violenza. Nel sociale, nei Tribunali, invece, ho visto bambini trattati come pacchi postali e come oggetti di cura, con violenza e senza nessun rispetto per la loro dignità: sempre e solo con la scusa del "migliore interesse" del bambino, naturalmente...
Sommario
Sommario
Alcuni operatori di polizia giudiziaria ... accolgono le donne che vogliono denunciare la violenza del compagno con indicazioni incoraggianti del tipo signora ci pensi bene, è il padre dei suoi figli, poi arrviano le assistenti sociali e le portano via i bambini, le separazioni costano, lei non ha prove. ... Sul piano squisitamente giuridico il pregiudizio si trasforma in errore tecnico. Così nella aule di giustizia si sostiene che se ci sono periodi di tranquillità nella vita familiare il maltrattamento ... non può sussistere; che se la donna testimone non ripete esattamente le stesse cose ... non può essere considerata attendibile; che la denuncia, soprattutto quando c'è una separazione in corso, può essere strumentale. ... Malgrado la legge lo vieti c'è sempre poi la voglia di andare a indagare sulla vita della vittima, per indagare la sua sessualità, le frequentazioni, il ricorso ad alcool od a sostanze stupefacenti. ... Il pregiudizio che si nasconde anche sotto le toghe travolge l'equilibrio del processo e a volte sfiora l'inascoltabile. ... La vittimizzazione secondaria può essere definita "una condizione di ulteriore sofferenza e oltraggio sperimentata dalla vittima in relazione a un atteggiamento di insufficiente attenzione, o di negligenza, riconducibile alle modalità di supporto da parte delle istituzioni, spesso connotate da incapacità di comprensione e di ascolto delle istanze indiviuali che si proiettano sulla esperienza vittimizzante a causa di una eccessiva routinizzazione degli interventi". ... Pur nell'evidente rispetto delle regole che impongono un vaglio particolarmente rigoroso del racconto accusatorio della vittima, dobbiamo comprendere che il processo non deve essere fatto alla donna ... Una risposta giudiziaria scomposta e negazionista, in presenza di situazioni di maltrattamento facilmente accertabili, rappresenta una nuova forma di violenza.
Fabio Roia è magistrato dal 1986. ... Attualmente svolge le funzioni di Presidente di Sezione presso il Tribunale di Milano nella sezione misure di prevenzione.
Questo libro tratta delle violenze maschili su donne e minori ma soprattutto dei meccanismi che la società mette in atto per non vederle, anzi, per occultarle attivamente. Nasce da una contraddizione: da una parte, l'evidenza dei passi avanti giganteschi nella consapevolezza delle violenze e nelle azioni per contrastarle. Dall'altra, il cosiddetto "contrattacco": idee, pratiche, leggi di segno opposto, che tendono a discreditare le vittime e ridare potere agli aggressori.
Il libro descrive le relazioni tra le discriminazioni nei confronti delle donne e le violenze contro di loro, proponendo un modello per capire la violenza maschile al di là di facili interpretazioni in termini di "follia", "passione", o "istinti" degli aggressori. Propone poi degli strumenti interpretativi per analizzare le modalità di occultamento a livello individuale e collettivo: dalla strategia della legittimazione delle violenze, come il delitto d'onore, a quella della negazione, come nel caso dell'incesto. Tra le tattiche: l'eufemizzazione del linguaggio; la disumanizzazione delle vittime e la loro colpevolizzazione; le interpretazioni abusive in termini di psicologia individuale o di natura, e cioè psicologizzazione e naturalizzazione; la separazione delle varie tipologie di violenza in entità distinte.
Dalla Presentazione
Dal 2000, anno in cui è stata pubblicata la prima edizione, questo libro è stato utilizzato per la formazione da centinaia di operatori socio-sanitari e delle forze dell'ordine, operatrici dei Centri anti-violenza e studenti e studentesse, contribuendo ad una miglior conoscenza delle violenze sulle donne e sui minori e delle strategie per contrastare le violenze e aiutare le vittime.
Questa versione, integrata con alcuni nuovi capitoli, fornisce uno strumento aggiornato e flessibile, che unisce attenzione ai risultati delle ricerche più recenti, discussione delle questioni controverse e chiarezza nell'esposizione. Scritto in uno stile semplice, il libro è accessibile anche a chi, pur non essendo uno specialista, voglia informarsi, riflettere e agire in proposito.
La violenza contro le donne e i minori è frequente, ha effetti devastanti sulle vittime e sull’intera comunità, ma rimane spesso invisibile. Le risposte sociali in proposito sono a tutt’oggi ancora frammentate o insufficienti. Il volume si rivolge a coloro che, nel loro lavoro, incontrano vittime di violenza e vogliono aiutarle. Per capire il fenomeno e intervenire correttamente è essenziale un approccio di rete. Per questo, il libro ha un taglio multidisciplinare: hanno collaborato, infatti, esperti di vari ambiti – servizi sociosanitari, magistratura, forze dell’ordine, scuola, associazioni femminili, università – vincendo la sfida di realizzare un testo coerente, pur nella diversità di punti di vista e di linguaggi. Questa nuova edizione tiene conto delle novità degli ultimi anni, soprattutto sul piano legislativo, cogliendo così l’occasione per arricchire il testo, che, chiaro, preciso e ricco di indicazioni pratiche, è uno strumento indispensabile per la formazione sul tema e per tutti coloro che sono impegnati a contrastare la violenza e a sostenere le vittime.
Quella bambina parlò con molta precisione del trauma che aveva subito da parte dello zio. Un atto di esibizionismo violento, una forma di abuso sessuale. Raccontò le cose con franchezza in ogni dettaglio come una sequenza filmica, dichiarandosi "spaventata", "costretta", "sola". Raccontò poi della nonna che con la scusa di pettinarla le tirava i capelli. O le faceva pressione con la forza dei polpastrelli e con le unghie sulla testa fino a farle male.Parlò anche di un buco nero dove la nonna ha detto allo zio di buttarsi.
...
Probabilmente il più importante libro, il più rilevante movimento del pensiero sui bambini, sulla violenza, sull'educazione, sul potere e sul male del XX secolo. (dall'introduzione a cura del Prof. Paolo Perticari, Ordinario di Pedagogia generale e Filosofia dell'educazione all'Università di Bergamo).
Il mio studio è un tentativo di collegare la mente di un adulto, considerato pazzo, al comportamento del padre verso di lui quando era bambino. Non possiamo mai essere sicuri di che cosa sia accaduto realmente fra un genitore e un figlio. Sarebbe così anche se fossimo stati presenti, poiché possiamo sperimentare il comportamento dell'uno verso l’altro ma non il vissuto che uno ha dell'altro...Non mi occupo qui di eventi traumatici isolati che possono essere accaduti una o due volte nell’infanzia di Schreber, ma di modelli di avvenimenti che si verificarono periodicamente e che possono essere collegati a modelli di avvenimenti da lui vissuti ripetutamente durante la sua "malattia di nervi".
El "SAP" es un neomito, una construcción específica aplicada a los conflictos que surgen entre los hijos, los padres y las madres tras la sepa-ración, para explicar los acontecimientos de forma coherente con lo que ha sido la posición histórica del patriarcado y con los roles atribuidos a cada uno de los progenitores. Como tal neomito parte del núcleo primordial de los mitos existentes sobre los hombres y las mujeres, y utiliza algunos de sus elementos para elaborar otro, adaptado al nuevo contexto de forma que no parezca que se hace una reivindicación de los privilegios del padre, sino una defensa de lo más justo. Para conseguir ese objetivo aparece revestido de tres elementos esenciales que evitan el rechazo de la desconsideración, lo que podría entenderse como la capacidad de superar el obstáculo frontal de las mura-llas que rodean el escenario social, y una vez dentro liberar toda su carga ideológica entre los individuos que los contemplan. Estos tres elementos fundamentales son la neutralidad, el cientificismo y el objetivo dirigido al interés común.
Laddove si presenti una situazione conflittuale in cui il minore denunci uno dei genitori (generalmente il padre) per abusi e violenze, i sostenitori della PAS ricorrono a questa teoria per ribaltare le accuse. La PAS, infatti, negando la realtà dell'alta incidenza di violenza domestica maschile, riconduce le accuse e il disagio sofferto dal minore ad un vero e proprio lavaggio del cervello programmato dalla madre per screditare l'altro genitore ed ottenere la custodia esclusiva. L'effetto intimidatorio che produce la sola menzione della PAS nella giustizia fa sì che alcuni professionisti la utilizzino per ricolvere le controversie legate all'affidamenti, mettendo a tacere la voce di molte donne, bambini e bambine. La comparsa della PAS in qualsiasi conflitto giudiziario riconduce ogni accusa all'alienazione paterna e trasforma automaticamente le vittime in carnefici.