Vorrei fare una rapida carrellata dei lavori più significativi in tema di cronicità psichiatrica.
Si premette che "cronicità" è il carattere di una malattia che non evolve verso la guarigione, ovvero che resta stazionaria o progredisce lentamente. L'aggettivo cronico si usa in medicina per designare le forme morbose a lungo decorso, in opposizione ad acuto.
Wittingthon (1976) riferiva già che la cronicizzazione e l'istituzionalizzazione non avvengono solo negli OO.PP. "Gli stessi meccanismi di feed-back e il rinforzo di comportamenti legati a ruoli malati o disadattanti che si avevano negli Ospedali Psichiatrici possono capitare e capitano anche in altri ambienti".
Nel DSM-III-R (A.P.A., 1987) il decorso della schizofrenia è classificato in sub-cronico (inferiore a due anni), cronico (superiore a due anni), sub-cronico con esacerbazione acuta, cronico con esacerbazione acuta, e in remissione.
Hafner (1987) in uno studio sul fabbisogno di letti psichiatrici indica il tasso di 0,5-0,8 per mille persone di oltre 15 anni di età per i pazienti acuti, e di 0,3-0,6 letti per mille per i pazienti cronici.
In Italia, senza disporre di studi epidemiologici, si à stabilito che à sufficiente un posto letto ogni 10.000 abitanti, solo per pazienti acuti; i pazienti cronici non si sa dove debbano essere curati.
Kastrup (1987) riferisce i risultati di uno studio danese effettuato su scala nazionale, che ha interessato i pazienti al primo ricovero psichiatrico e poi seguiti per 10 anni. L'11% di questa coorte divenne "revolving-door"; il profilo di questi pazienti risultò quello di un giovane non sposato, che vive in città, con diagnosi di schizofrenia o abuso di sostanze.
Un lavoro di Belcher (1988) documenta che fra i pazienti dimessi da reparti di terapia acuta, con anamnesi di malattia mentale cronica, e divenuti senza tetto, ben il 70% è stato arrestato e incarcerato nel periodo di studio di 6 mesi.
Lieberman (1988) in uno studio su pazienti del C.M.H.C. rileva che i nuovi pazienti cronici erano più giovani, più spesso maschi e più spesso schizofrenici, rispetto agli altri assistiti dal sistema tradizionale.
In tema di nuova cronicità Crêpet (1990) riferisce che i cambiamenti della qualità dell'assistenza psichiatrica in Italia dopo la riforma sono diversi. Alcuni pazienti hanno una migliore qualità di vita al di fuori delle istituzioni. In altri casi i pazienti dimessi possono essere entrati in altri istituti o essere diventati derelitti.
Mathai e Gopinath (1986) hanno valutato 80 schizofrenici cronici e 16 bipolari mediante gli RCD. Da questo lavoro risultà che la lungodegenza ospedaliera influiva poco sui deficit. Gli AA concludono affermando che i deficit nella schizofrenia cronica sono caratteristiche integranti del processo patologico e non la conseguenza della lungodegenza ospedaliera.
A risultati analoghi siamo pervenuti con uno studio effettuato presso due Reparti del P.O. "Libertini". I pazienti ricoverati in questi due Reparti sono stati valutati mediante la Scala di Valutazione Globale del Funzionamento (VGF) allegata al DSM-III-R.
Risultò (ved. Tabella) che i pazienti schizofrenici hanno un basso punteggio alla Scala VGF, più vicino a quello dei pazienti con Ritardo Mentale Grave o Gravissimo che a quello dei pazienti con Ritardo Mentale Lieve-Medio, o affetti da altre psicosi.
Questo dato, che ci ha in un certo senso incuriosito perché inaspettato, è stato da noi spiegato riflettendo sul fatto che i pazienti schizofrenici ricoverati in O.P. sono persone di 60-70 anni, che hanno presentato i primi sintomi della malattia schizofrenica negli anni '30, negli anni '40 o nei primi anni '50; in quegli anni non esistevano terapie farmacologiche efficaci, per cui la malattia schizofrenica in questi pazienti ha avuto un decorso secondo la sua evoluzione naturale, producendo effetti devastanti sulla psiche.
L'evoluzione naturale della schizofrenia viene indicata dall'Arieti (1970) e suddivisa in 4 stadi: iniziale, avanzato, pre- terminale e terminale. I pazienti da noi studiati sono pazienti che si trovano nella fase terminale o pre-terminale della malattia. Una terapia farmacologica adeguata è in grado di arrestare l'evoluzione della schizofrenia al 2º stadio.
La vecchia cronicità può essere vista quindi come cronicità in era pre-farmacologica, mentre per la nuova cronicità possiamo anche parlare di cronicità in era farmacologica.
A.P.A.: Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali - III Ediz.-R. Masson, 1987.
Arieti S: Manuale di Psichiatria. Ed. Boringhieri, 1969.
Belcher JR: Are jails replacing the mental health system for the homeless mentally Ill? Community Ment Health J, 24: 185-195, 1988.
Crêpet P: A transition period in Psychiatric care in Italy ten years after the reform. Br J Psych, 156: 27- 36, 1990.
Fondazione LABOS: Linee di indirizzo per la gestione della salute mentale. Suppl. a "In-Formazione", 2, IV, 1989.
Hafner H: Do we still need beds for psychiatric patients? An analysis of changing patterns of mental health care. Acta Psych Scandinav, 75: 113-116, 1987.
Kastrup M: Who became revolving-door patient? Findings from a nation-wide cohort of first admitted psychiatric patients. Acta Psych Scandinav, 76: 80-88, 1987.
Lieberman HJ, Nigro J, Trembath P, Tenczynski DH, Dlugacz D, Scher S: Community mental health systems generate new chronics: the study of a pure case. Administr Ment Health, 15: 139-156, 1988.
Mathai JP e Gopinath PS: Deficit of chronic schizophrenia in relation to long-term hospitalisation. Br J Psych, 148: 509-516, 1986.
Pizzi A: Malattie mentali e trattamenti sanitari. Commento alla Legge 180/78. Giuffré Editore, 1978.
Wittingthon HG: I centri di igiene mentale nel territorio. Ed. Martinelli, 1976.